Non è un argomento che riguarda il babywearing, ma, dopo averne discusso a pranzo con i miei due figli adolescenti, ho pensato che un articolo in merito lo potevo scrivere. Nella sezione “Essere genitori” perché i dibattiti sui temi di attualità sono fondamentali per la loro crescita e sono, a mio avviso, un dovere di ogni genitore.
Il caso Aquarius, la nave carica di migranti alla quale i nostri nuovi Ministri hanno chiuso i porti, è su tutti i giornali e in tutte le bacheche Facebook. Come sempre accade in questi casi così complessi non c’è alcun dibattito, ma una guerra aperta tra fazioni diverse. Io leggo e ascolto e cerco di farmi un’idea, ma non è facile. Tralasciando propagande politiche e insulti e cercando invece i fatti, emerge una situazione davvero complessa che non si può pensare di risolvere in pochi giorni e nemmeno in pochi mesi. Il problema andrebbe visto nella sua interezza, in volo, dall’alto e sulla linea del tempo. Perché hanno ragione tutti, quelli che chiedono di chi è la colpa di questa situazione di povertà di un intero continente, quelli che dicono che i migranti vanno comunque accolti, quelli che spiegano che non si possa accoglierli per poi metterli nei campi o sulle strade a far da schiavi, quelli che parlano di accordi iniqui fra Stati, di sudditanze, di soldi che girano. Chi dice che ci fanno comodo per avere manovalanza a basso costo e quindi ortaggi e merci a basso prezzo, chi parla di speculazioni delle cooperative, chi tira fuori il problema dei tempi lunghissimi in Italia per ottenere asilo politico, chi mostra le condizioni di vita disumane dei centri accoglienza.
E allora? E allora il problema va risolto, a livello europeo, indubbiamente, va risolto alle svelte e con politiche etiche e a lungo termine. Ma nel frattempo? Nel frattempo io non posso pensare che si usino essere umani per portare avanti le proprie istanze. Non sopporto che vengano usati per fare propaganda, per fomentare l’odio; non reggo certe frasi che leggo in giro in “discussioni” che hanno come unico scopo quello di offenedere l’altra parte e chi è “straniero” senza cogliere tutte le sfumature di questa situazione.
Penso all’empatia, alla capacità perduta da molti, di mettersi nei panni dell’altro, di farsi delle domande e di cercare di capire. Penso che chi è su quella nave (e sulle altre) ha una madre da qualche parte che nutre per lui gli stessi identici sentimenti, speranze e paure che io nutro per i miei figli. Infine non posso non pensare ai miei amici, quelli che in Italia ci sono arrivati sui barconi o sulle navi, non sono numeri, per me sono persone, persone alle quali voglio bene. E l’idea di saperli respinti mi fa stare male. Non hanno rubato nulla a me con il loro arrivo in Italia, né soldi, né agevolazioni, né lavoro… Non mi hanno resa più povera con il loro arrivo, anni fa, in Italia, hanno invece reso più ricca me e la mia vita con la loro presenza, le loro storie e la loro amicizia. E allora un altro modo per risolvere il problema lo si poteva trovare. Un modo più etico e umano.
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